Assocom alla sfida dell’evoluzione del mercato

Assocom alla sfida dell’evoluzione del mercato.

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Assocom alla sfida dell’evoluzione del mercato

Sono ormai da un paio di mesi in associazione e comincio a farmi un’idea delle problematiche da affrontare.

La prima riguarda la sopravvivenza stessa dell’associazione delle aziende di comunicazione. La domanda che avevamo posto ai nostri associati e che ogni tanto rimbalza sulla stampa di settore è: ” ha ancora un senso Assocom nel mercato di oggi? E qual è il suo ruolo?”

Avete già visto i dati disastrosi del mercato: se togliamo l’effetto dell’inflazione siamo tornati al livello del 1991. Crisi economica e crisi strutturale. Della crisi economica che porta le aziende a dover ridurre i loro costi e tagliare quelli in comunicazione, perché quelli immediatamente più facili, si è detto un sacco. Anche se la storia ha dimostrato che chi investe in periodi di crisi ha un beneficio più che proporzionale e di lungo periodo, i comportamenti non sono cambiati. Anche le agenzie che sono remunerate non proporzionalmente alla spesa media sono state affette da questa discesa, con una contrazione significativa dei compensi e un’ottica che tende sempre di più al breve. Sembra che le aziende abbiano rinunciato a costruire marche e badino soprattutto alle vendite del periodo. questo ha portato il mercato a ragionare in termini di singoli progetti, penalizzando le partnership (parola ormai arcaica) di lungo periodo con le agenzie. Ne risente la costruzione e la coerenza di marca? Tanto peggio. Meglio risparmiare.

Le regole istituzionali non aiutano le agenzie. Un business che per sua natura subisce gli andamenti derivati dalla più ampia variabilità, si trova vincolato a leggi sul lavoro che impongono la massima rigidità e rendono difficili le assunzioni e il ricambio generazionale.

Dall’altra parte il consumatore ha superato la aziende nella sua capacità di informarsi, crearsi un’opinione e confrontarsi con esperienze intorno a lui. La maggior parte delle aziende fa fatica a  seguire i nuovi processi decisionali e le agenzie, che avrebbero la grande opportunità di tornare a svolgere il ruolo di veri consulenti, altrettanto tardano a impadronirsi delle nuove regole.

Oggi sono poche le agenzie che hanno la disponibilità economica e culturale per poter affrontare singolarmente un percorso come questo. Il risultato potrebbe essere che i clienti faranno il loro percorso di esperienza con diverse agenzie e diventeranno i depositari delle nuove regole, tagliando fuori le aziende di comunicazione, che rischieranno di rimanere confinate in un ruolo subalterno.

E’ chiaro che siamo di fronte a una crisi economica e strutturale. Se questo in due parole è uno scenario condivisibile, cosa può fare un’associazione delle aziende di comunicazione?

Per ragionarci, dobbiamo partire dalle esigenze degli associati. E’ chiaro che prioritario è tentare di recuperare il ruolo che molte di esse hanno perso nei confronti dei committenti. Un recupero di credibilità che può essere ottenuto solo con una riaffermazione della posizione che rappresentano nella catena del valore. Per alcune categorie questo è più facile. Per esempio i Centri Media sono ben consci di quello che rappresentano sul mercato. Per altre categorie sembra più complicato: fa male vedere le agenzie creative trattate come una commodity in balia del prezzo fissato dagli uffici acquisti. Se la creatività è un valore, come sono convinto che sia, il talento non può essere comprato alla stregua di un semilavorato qualsiasi. Quanto vale un’idea creativa di successo? Sicuramente di più del costo orario di un creativo.

Quindi oltre ad attivare dei corsi per aiutare le persone che devono negoziare i compensi, dobbiamo riuscire a recuperare dei dati che forniscano loro una sorta di oggettivazione del valore.

Abbiamo visto poi come i vincoli legislativi, siano gravemente pregiudiziali rispetto al tipo di attività. In questo caso è compito dell’associazione rappresentare tutti gli associati e tutelare il loro punto di vista presso tutte le istanze. Per avere  capacità di lobbying, dobbiamo prima fissare i confini del comparto, valutare il valore economico della sua produzione e definire quante persone dipendono da esso. Per questo stiamo iniziando uno studio in tal senso.

I confini attuali sono troppo stretti, o troppo larghi? Le risposte in questo senso sono varie, ma un vero dibattito, circostanziato agli scopi che ho detto, non è mai iniziato.

Che senso ha che esistano più di una associazione delle imprese di comunicazione? Che molte delle agenzie di Pubbliche Relazioni siano fuori? Che non siano rappresentati settori come quello della visual communication, del branding, delle ricerche sulla comunicazione? Delle società di consulenza in comunicazione?

Senza contare che il vantaggio di un allargamento porterebbe oltre ad una maggiore rappresentatività, una possibilità di sinergie e networking e, non ultimo, più fondi da destinare alle attività per i soci. Per questo abbiamo iniziato una rivisitazione del nostro Statuto, per vedere di cogliere tutte le opportunità.

Il recupero di credibilità passa anche dal livello di qualità espresso dagli associati. Come possiamo vantare un ruolo centrale nella comunicazione se non riusciamo a stare al passo con l’evoluzione che la digitalizzazione ha determinato nel mercato? Per questo abbiamo organizzato una serie di seminari che consentano un avvicinamento al mondo digitale e alle sue ormai numerose specializzazioni. Parallelamente abbiamo lanciato con Alma dell’Università Cattolica il primo Master per la creazione di specialisti digitali, che sembra siano già tutti appetiti dalle nostre associate.

Nessuna agenzia dovrebbe essere lasciata sola a gestire il cambiamento. Le parole d’ordine lanciate da Massimo Costa di formazione, informazione e consulenza, vanno in questa direzione. Dobbiamo recuperare credibilità, rappresentatività, dignità.

Avremo modo di certo di tornare su questi concetti.

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la mia nuova vita in Assocomunicazione

Dopo il mio lungo silenzio, posso finalmente annunciare che il mio coinvolgimento in Assocomunicazione è cambiato profondamente.

Dopo la mia uscita dall’agenzia, la scorsa estate, ho passato tre mesi in affiancamento a Fidelio Perchinelli e da qualche giorno sono stato nominato Direttore generale dell’Associazione.

Quindi il mio impegno cambia considerevolmente da Consigliere a Direttore, come cambia la mia prospettiva: non più contribuire al Consiglio, ma implementare le attività approvate dal Consiglio sulla linea tracciata da Presidente Massimo Costa.

Quindi vorrei continuare questo blog, come contributo al dibattito e alla partecipazione degli Associati e di tutti gli esterni che vogliono contribuire, col loro parere alla vita di Assocomunicazione.

Dalla riapertura comincerò a realizzare il programma che ho presentato al Consiglio e all’Assemblea e vi riporterò idee, dubbi o difficoltà sperando in un vostro supporto.

Non mi resta quindi che augurare a tutti Buone Feste e un nuovo anno più facile di quello che è passato.

 

Arrivederci a Gennaio

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Per tempi difficili, voci forti

Si è tenuto a Milano il Summit Internazionale di UPA.

Come è stato?

L’affluenza è stata buona, con circa 400 partecipanti: c’era tutto il parterre “che conta”.

I temi, come ci aspettava, riguardavano soprattutto la crisi e la digitalizzazione. Era una buona occasione per dare segnali forti, come il titolo lasciava intendere.

A tutti è piaciuta l’introduzione a largo raggio del presidente Sassoli, che si è confermato uomo di grande cultura, ispiratore ottimista, di buona apertura verso le nuove forme di comunicazione. Per quanto mi riguarda, anni luce avanti rispetto al suo predecessore Malgara, cui imputo parte dell’arretratezza del nostro sistema pubblicitario.

Unico statement deciso di Sassoli è stato contro l’uso dei DN, i famigerati diritti di negoziazione. Pratica troppo opaca secondo lui, per poter essere accettata nel mercato di oggi. Forse ha ragione. Io non ho sufficiente visione per essere d’accordo o dargli contro. Quello che so è che il sistema oggi si basa su di essi.

I Centri media non potrebbero vivere senza ritoccare al rialzo i fee di gestione e forse UPA dovrebbe cercare di rendersene conto e proporre soluzioni alternative. Rimane il problema della trasparenza, ma qualcuno mi spiega perché UPA la chiede solo alle Agenzie e non anche alle Concessionarie. Io penso che sia doveroso che Assocomunicazione si adoperi per una maggiore trasparenza dei meccanismi che regolano questa pratica. La mia sensazione è che ci sia una parte della base dell’UPA che non disdegna questa pratica, per quali fini non mi è dato sapere.

In pratica è come se UPA dicesse alle Agenzie: finchè non sistemate la questione dei DN, non potremo avere un vero dialogo. Ma io penso che ci debbano essere delle prese di coscienza e delle controproposte da parte di tutti e tre gli attori in gioco. utenti, agenzie e concessionarie.

Dall’altra perte le Agenzie, si aspettavano un coinvolgimento maggiore. Non che non fossero presenti, rappresentate nientepopodimenochè da Sir Martin Sorrell, Mister Advertising mondiale.

Il discorso di Sassoli deve essere apparso a Sorrell all’acqua di rose e di accademia. Dall’altra parte, non ho visto i pochi Clienti che conosco illuminati dal discorso del più importante pubblicitario al mondo. Ho avuto l’impressione di due mondi che fanno fatica ad entrare in relazione. Peccato, per uno come me che è cresciuto col mito della partnership tra cliente ed agenzia.

Quindi i temi cari alle agenzie, non sono neanche stati toccati: occupazione del comparto, redditività, gare… è chiaro che i Grandi Clienti non sono interessati a questi temi. Ma di qua c’è un sistema in seria difficoltà, forse con delle colpe, ma che non merita di morire per queste. Continuo ad essere convinto che la crisi del settore pubblicitario, non sia nell’interesse delle aziende. Vedo i loro consociati all’estero definire nuovi rapporti con le agenzie, magari con condizioni dure, ma corrette e non capisco perché in Italia questo rapporto fiduciario stenti a riproporsi. Se tutto queste dipende solo dai DN da una parte e dalle gare dall’altra, trattiamo questi argomenti separatamente e cerchiamo di ricostruire il rapporto sugli interessi comuni.

C’è grande accordo sul fatto che il digitale rappresenti una grande opportunità per ricostruire un rapporto di collaborazione: nuove competenze, una necessità di continuo e rapido aggiornamento, una strada di esperienze da condividere per costruire delle metriche nuove. Ma non mi sembra che il digitale sia stato affrontato sulla base di queste prospettive: domina l’approccio a progetto, i compensi sono regolati da procurements che non ne capiscono, non si valorizza l’esperienza e non viene riconosciuto lo sforzo di aggiornamento.

Due mondi quindi che fanno la loro strada in parallelo, senza fare grandi sforzi per convergere. Le aziende sembrano interessate a fare la loro strada da sole e posso solo sperare che questo non sia vero.

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Comunicare Domani. ma come sarà il domani?

Si è tenuto oggi alla Terrazza Martini il tradizionale incontro annuale organizzato da Assocomunicazione per comunicare l’andamento e la stima degli investimenti media in Italia.

Non mi dilungherò su dati e risultati che saranno ampiamente riportati dalla stampa di settore.

qualche commento sui dati più significativi, che possono avere influenza sulle Agenzie associate.

Il dato fondamentale riguarda un’attesa di una contrazione stimata per quest’anno di un 7% sul totale mercato.

Il dato totale di 8650 mio ci rimanda al livello del 2003.

Questo è il risultato di una contrazione generalizzata più o meno marcata di tutti i mezzi tradizionali (Radio -6%, TV -8.6%, Stampa -11,9%, Esterna -14%, Cinema-25%) scontando il previsto incremento +12,7% del settore digitale, senza il quale i dati di decrescita apparirebbero un disastro. La TV si conferma il mezzo preferito sommando il 51% degli investimenti totali, mentre il digitale, nonostante i suoi tassi di crescita cinesi, totalizza un 15% del totale.

c’è da dire che questi dati danno per probabile una certa ripresa degli investimenti nel secondo semestre, che, vista la pesantissima incertezza macroeconomica di questi giorni, potrebbe essere pesantemente smentita.

Interessante che all’interno di tutti mezzi in decrescita, tutte le proposte nuove (satellitare, DTT e aspetti ancora legati indirettamente al digitale sono gli unici che mostrano segnali di crescita, anche se su basi ancora minime.

Se poi pensiamo che i dati di investimento influenzano ormai solo indirettamente i compensi delle agenzie creative, la situazione non si presenta affatto rosea. dai miei contatti con i colleghi, risulta che il volume delle gare nel primo semestre sia risultato molto ridotto, definendo un mercato in grande difficoltà.

E’ mia sensazione che il settore dell’offerta stia cambiando con un ritmo troppo lento rispetto ala velocità di contrazione del mercato. Non sono emerse nuove proposte all’interno del mondo delle agenzie e, salvo qualche trionfalistico annuncio di qualcuna delle grandi, che si auto-posiziona al primo posto a livello qualitativo e quantitativo, mi sembra che tutti siano ragionevolmente preoccupati.

Chissà come è elevato il livello di dibattito e di ricerca, verrebbe da pensare. Niente di tutto ciò: ognuno se ne sta nel proprio angolo, forse sperando di raccogliere le briciole di Rana, dopo che le agenzie più serie hanno rifiutato di entrare in gara.

La prossima settimana si terrà il Summit dell’UPA e vedremo se lì si sviluppa qualche tema nuovo, anche se dalle premesse non sembra.

In questa situazione Assocomunicazione ha rinunciato a svolgere il proprio convegno a fine anno e oggi Massimo Costa ha annunciato che effettuerà un road show in tutte le regioni per incontrare anche gli associati che non hanno occasione di partecipare alle riunioni milanesi. I contenuti di questo road show saranno discussi nel prossimo Consiglio Direttivo, ma è lecito supporre un certo livello di critica della periferia che potrebbe evidenziare la necessità di una profonda revisione della governante, che potrebbe essere affrontata in una riunione di Stati Generali verso la fine dell’anno.

Massimo Costa da persona pragmatica qual è scalpita e lascia intendere che ne ha abbastanza delle chiacchiere e che se non si fanno passi avanti, potrebbe anche lasciare. A lui il compito di definire la strategia della nuova assocom, per traghettare l’Associazione in questi momenti difficili.

Sembra che UPA non sia interessata a partecipare a questo dibattito. Penso non tanto per l’inclinazione del Presidente Sassoli, quanto per il disinteresse dei principali suoi membri, che ritengono di poter fare a meno di un sistema di agenzie. Scelta alquanto miope, che non trova riscontri in altri paesi e presso i clienti più rappresentativi a livello internazionale.

Vedremo presto cosa può succedere.

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http://www.mappedinmilano.it/

C’è anche chi fa

http://www.mappedinmilano.it/

In questo deserto di business e di idee, c’è anche qualcuno che fa e si porta avanti. Mi segnala l’amico Matteo Sarzana di una utile iniziativa intrapresa con suo fratello Filippo e Eros Verderio di una mappatura e censimento delle nuove realtà digitali, anche piccole, che stanno operando in Italia.

Chi conosce i ritmi di lavoro in Y&R Brands, non può che provare un sentimento di stima e apprezzamento per il tempo che dedicano a questa iniziativa. Sappiamo che l’Italia è indietro nel digitale, ma sappiamo anche che questo rappresenta un’opportunità per tanti giovani di valore che hanno voglia di fare. Vi invito quindi a dare supporto all’iniziativa con link, segnalazioni o commenti.

Per conto mio, cercherò di dare loro un supporto anche a livello di Assocom.

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Cosa viene dopo

Devo rigraziare i miei colleghi del Consiglio di Assocomunicazione e Peter Grosser in particolare, per avermi eletto Rappresentante del Socio presso Assap Servizi, consentendomi quindi di continuare il mio impegno nel Consiglio.

Forse è la volta buona che riesco a portare a compimento il mio progetto di data base delle agenzie, anche perché penso ce ne sia molto bisogno. Adesso non ho più la scusa di non avere tempo.

Comincio anche a pensare quali potrebbero essere nuovi temi su cui potrei tentare di coinvolgere il Consiglio. Anche se ho un po’ perso le speranze, questo blog può servire a tutti voi di fare dei suggerimenti.

Due i temi che sto valutando: l’innovazione e i servizi.

Di innovazione si è parlato fin troppo. E’ purtuttavia scontato che senza una buona dose di innovazione, difficilmente la nostra industria uscirà indenne dalla crisi presente.

L’innovazione minima è quella di riuscire a seguire le evoluzione degli individui e fornire ai clienti nuove soluzioni di comunicazione. Già molti riescono a lavorare in tal senso e spero potranno portare a casa i frutti del loro impegno.

L’aspetto dell’innovazione che personalmente mi intriga è la capacità del mondo della comunicazione di intraprendere nuovi modelli di business con la loro clientela.

Se ci pensate è un po’ una contraddizione il fatto che i casi di strutture innovative siano così pochi nel mondo delle agenzie. I pochi che ci sono sembrano premiati dal successo. Soprattutto all’estero.

Riuscire ad innovare il modello di agenzia è una sfida necessaria, che coinvolge aspetti organizzativi, approcci commerciali e forme di remunerazione. Tutti pensiamo che la struttura consolidata delle agenzie di pubblicità non sia più adeguata a interpretare le nuove necessità. Forse le figure stesse sono destinate a cambiare. Vi faccio un esempio: la figura dell’account, ha ancora un senso in un mercato che si muove su una dimensione di progetto e che non sembra disposto a pagare l’investimento necessario per approfondire gli aspetti del mercato specifico di appartenenza. Sembra destinata a mutare più verso il project management, viste le necessità di controllo finanziario che diventano sempre più pressanti e la velocità sempre più esasperata con cui si devono portare a termine i progetti.

O ancora: da quando la conosciamo, l’unità di base del reparto creativo è la coppia copy/art. Siamo sicuri che questa cellula sia ancora attuale? Sappiamo già di no, anche se non esiste una risposta condivisa. Ognuno si arrangia come può.

Porre dei dubbi su questi due reparti significa metter in discussione la struttura stessa dell’agenzia. Proprio quello che secondo me è necessario fare. Ma non con una formula ad effetto imposta dall’alto. Dobbiamo ripensare chi vogliamo/possiamo essere per i nostri clienti e magari coinvolgerli nel cambiamento.

Mi piacerebbe provare a bussare in UPA e scoprire come la vedono loro a riguardo. Se mi rispondono, vi aggiornerò.

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Lascio Draftfcb

Oggi è il mio ultimo giorno in Draftfcb. Questo significa che al prossimo Consiglio Direttivo di Assocomunicazione, dovrò rasegnare le mie dimissioni.

Ne sono molto dispiaciuto e spero di poter continuare a dare il mio contributo all’associazione in questi difficili momenti. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito. Trattandosi per lo più di amici, sono sicuro di avere l’occasione di risentirli tutti su altri schermi.

Mi raccomando: non è il momento di mollare!

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Intervento di Martin Sorrell sulla remunerazione delle agenzie.

Intervento di Martin Sorrell sulla remunerazione delle agenzie.

Se abbiamo problemi in Italia sulla remunerazione, il resto del mondo non ridle. Leggete nella prima parte dell’intervento l’anailisi che fa un testimonial d’eccezione come Martin Sorrel.

“I think there are some who believe that the best agencies are the weakest ones — the ones that are sort of beaten into submission,” Mr. Sorrell said. “I disagree with that. One of the results of that is more consolidation.”

Il resto lo trovate nel link di AdAge.

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Negli USA le aziende chiedono alle agenzie di ridurre i loro costi interni

Negli USA le aziende chiedono alle agenzie di ridurre i loro costi interni

La situazione è sempre più globale. In compenso solo una percentuale minima chiede di abbassare i compensi. La sfida delle OverHeads si combatte anche sulle gare: il tempo significativo dedicato alle gare finisce in OH e grava sui clienti esistenti.

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